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Probabilmente avrebbe cantato così John Lennon, al ritorno da Atene in questa oscura estate 2015.
La patria dell’arte, filosofia e della storia oggi è perlopiù associata a numeri e percentuali: 27% disoccupazione generale, più della metà dei giovani senza lavoro, più di 3 milioni di persone sotto la soglia di povertà o in condizioni di esclusione sociale, malnutrizione in 440 mila bambini in età scolare.
Come ci ha insegnato la storia e come possiamo osservare con i nostri occhi in questo presente, crisi economica equivale a crisi psicologica; l’incertezza verso futuro e la perdita della speranza fanno crollare i pilastri fondanti della società: le famiglie.
Come fermare questo effetto domino? Come portare la fratellanza, solidarietà e la positività lì dove la crisi ha spazzato via tutto?
La risposta è arrivata nel giugno del 2012 con la proposta di Papa Benedetto XVI, appoggiata e riproposta in seguito anche da Papa Francesco, di creare dei gemellaggi tra città, famiglie e parrocchie volte alla condivisione, per provare a guardare insieme oltre la crisi.
Il progetto con il quale l’Ufficio Nazionale per la Pastorale della Famiglia della Conferenza Episcopale italiana, Caritas Italiana, il Forum delle Associazioni Familiari e Caritas Hellas stanno provando a concretizzare le parole dei due Papi porta il nome di Gemellaggi Solidali.
Un’azione che in Grecia rappresenta una doppia sfida essendo la comunità cattolica una minoranza multietnica rispetto alla Chiesa Ortodossa considerata prevalente dalla stessa Costituzione ellenica.

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Un viaggio nella condivisione e nella costruzione attiva della pace che si ritrova nel progetto “Viaggio nel Mediterraneo”, un percorso di volontariato sociale lungo un anno attraverso l’Italia, la Grecia e il Kosovo; 365 giorni per volgere lo sguardo altrove, comprendere che un altro mondo èdavvero possibile osservando il lavoro di chi si adopera per realizzarlo.
Camminando per le strade di Atene si ha la sensazione non solo di percepire ma  toccare con mano la crisi. Si fa fatica a pensare che una delle stelle della bandiera dell’Unione Europea sia stata disegnata appositamente per la Grecia. La crisi ha prodotto a Atene gli stessi effetti di una guerra: edifici abbandonati, calcinacci, crepe nei muri, carcasse di automobili per strada, sguardi spenti, file interminabili di esseri umani in attesa di un pasto caldo.
Con imbarazzo ci si rende conto di essere nel 2015 e sembra impossibile che ci sia una via d’uscita a questa catastrofe.
La sensazione che si ha quindi imbattendosi nel lavoro della ONG Διογένης (Diogene) è più o meno quella di aver trovato una rosa rigogliosa nel deserto.
Dal 2010 questa ONG cura una rivista, una squadra di calcio nazionale di senzatetto che ogni anno partecipa alla Homeless World Cup e una serie di eventi culturali, sportivi ad Atene e in altre cittàgreche.
“σχεδία” (Shedia), in italiano “zattera”rappresenta esattamente questo per gli abitanti di Atene; la possibilitàdi salvezza, un’opportunità per rinascere!

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“Shedia” è una rivista sociale, indipendente, di strada. Ciò che la distingue dal resto di giornali è che non viene venduta in chioschi o attraverso altri organi di stampa; la vendita avviene esclusivamente nelle strade da parte di persone dai 20 ai 76 anni che hanno crudelmente vissuto gli effetti della crisi economica e sociale: senzatetto, disoccupati con poco o nessun tipo di reddito, giovani con problemi di droga e socialmente esclusi. Dal 27 febbraio 2013, giorno dell’uscita del primo numero, “Shedia”attua un processo di riabilitazione sociale.
Dal momento in cui queste persone decidono di diventare venditori, ricevono un “capitale iniziale”di 10 copie della rivista; con il ricavato sono così in grado di acquistare altre copie al 50% del loro valore. Il venditore acquista le riviste a 1,50€ e le vende a 3€; ogni venditore riceve inoltre un cartellino e un giubbotto identificativo da indossare durante la vendita. Per ogni giornale venduto viene rilasciata una ricevuta.
Questo importante processo interviene in due modi fondamentali nella vita delle persone: il primo più evidente è che così facendo, chi non ha niente acquisisce la garanzia di un reddito minimo per soddisfare i bisogni più elementari (che sia un caffè o il pagamento dell’affitto per impedire lo sfratto); il secondo è che grazie a “Shedia”, le persone ritrovano la loro dignità perduta, ricevono uno stimolo a ripartire per ricostruire le loro vite.

Dalle testimonianze dei venditori si evince l’importanza di avere uno scopo nella vita, di essere socialmente attivi per scrollarsi di dosso il bollino di “invisibile”; che sia in uno dei letti degli alberghi municipali o di una casa, queste persone ogni mattina si alzano e si preparano per andare a lavoro, un’attivitàattraverso la quale conoscono molta gente, stringono amicizie, creano situazioni di divertimento e allo stesso momento, il loro reddito: è da qui che nasce la forza di reagire, si torna a sentirsi parte attiva della societàe a percepire la speranza in una vita migliore.
L’avventura di “Shedia”, iniziata nel 2013 con 10 venditori oggi ne conta piùdi 141. Un giornale come veicolo sociale che dà voce ai più deboli, agendo come collegamento tra tutti i membri della società lottando contro gli stereotipi, l’esclusione e i pregiudizi.
“Shedia” fa parte dell’International Network of Street Papers, rete che conta piùdi 120 riviste pubblicate in 40 paesi del mondo con un pubblico di circa 6.000.000 di lettori che ogni giorno si adoperano per realizzare una società più giusta.

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Da settembre 2014 è partita una nuova importantissima iniziativa: i Tour di Atene Solidali. Una passeggiata non convenzionale per le strade di Atene guidati da ex senzatetto. Le persone che desiderano lavorare come guide turistiche intraprendono un percorso di formazione teatrale di alcuni mesi volto a migliorare le loro capacità comunicative e relazionali in pubblico.
Persone con vite diverse giunte in Grecia da varie parti del mondo con alle spalle dolorose storie di perdite e sconfitte, rinate e formate per accompagnare turisti da tutto il mondo alla scoperta della città superando anche le barriere linguistiche.
Ci si ritrova a camminare insieme e a condividere emozioni nei vicoli con più alto tasso di spaccio di droga, davanti al teatro che ogni anno propone laboratori artistici per i senzatetto, davanti alle strutture municipali di accoglienza, davanti le mense delle associazioni imbattendosi in insegne di ONG che ogni giorno offrono una doccia calda e un caffè a centinaia di persone, agli ambulatori medici stracolme di vite in coda.
Un’occasione per aprire mente e cuore verso la comprensione dell’altro!

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Francesca Boccabella, AVS 2015-16